Ebrei chassidici
Shalom carissimi amici e lettori di Vivi Israele. Oggi voglio parlarvi di un argomento legato all’ebraismo religioso ultra-ortodosso, ma in particolare al modo di vestire degli ebrei chassidici, elencandovi alcuni termini – tutti in lingua yiddish – che corrispondono ad altrettanti indumenti. E’ dai tempi della Bibbia, infatti, che gli ebrei religiosi indossano capi di abbigliamento particolari, per distinguersi dagli altri popoli (idolatri), portando così avanti una tradizione millenaria.
Vayikra (Levitico) 18:3
3 Non farete come si fa nel paese d’Egitto dove avete abitato, né farete come si fa nel paese di Canaan dove io vi conduco, né imiterete i loro costumi
Molti degli indumenti indossati dagli ebrei nel corso della storia, così come i loro nomi, sono ormai obsoleti. Al momento l’unico indumento, ma lo chiamerei più che altro accessorio, con cui si può riconoscere un ebreo è la kippah, detta anche zucchetto o yarmulke (in yiddish).
In particolare: gli uomini ebrei strettamente ortodossi o chassidici (e i ragazzi che hanno più di tredici anni) vengono riconosciuti dal classico cappello nero; mentre gli ortodossi più moderni si riconoscono dalla kippah, che può essere colorata, lavorata a maglia o decorata.
Quelli che riportiamo di seguito sono alcuni degli indumenti ancora in uso tra gli ebrei strettamente ortodossi.
Bekeshe: detto anche bekishe o beketshe (Yiddish: בעקעשע), è un lungo mantello di seta o di velluto, spesso con le tasche cucite sulla parte posteriore. Il termine è preso in prestito dal polacco bekiesza, un lungo cappotto di pelliccia, che a sua volta potrebbe derivare dal bekecs ungherese.
Biberhit: si tratta di un cappello nero indossato, nei giorni feriali, dagli uomini chassidici e solitamente realizzato in pelliccia di castoro. Il termine deriva dalla cultura yiddish.
Chalat: si tratta di una tonaca leggera, di seta o di lana, indossata come vestaglia, specialmente in occasione di Shabbat e delle feste. Il termine yiddish deriva dal polacco chlat che significa blusa.
Gartel: una fascia di colore nero, di seta o di lana, che gli chassidim si legano attorno alla vita, prima di pregare, per separare simbolicamente il cuore dalla parte bassa del corpo. Deriva dal termine yiddish gartl, che significa fascia, cintura.
Kaftan: in questo caso ci troviamo di fronte a un lungo soprabito nero, “spolverino”. Il nome deriva dal termine yiddish kaftn, che a sua volta deriverebbe dal persiano.
Kapl: è il diminutivo di kappe, in tedesco e rappresenta lo yarmulke, la kippah. Il termine è utilizzato dall’yiddish parlato nell’Europa occidentale e centrale.
Kapote: ha lo stesso significato di kaftan. Il termine Yiddish deriva dal francese capote, lungo mantello.
Sheytl: si tratta di una parrucca indossata dalle donne strettamente ortodosse o chassidiche per coprire il capo. Il termine è yiddish, anglicizzato in sheitel; dal tedesco scheitel.
Shtrayml: è il classico cappello di pelliccia (solitamente, zibellino) indossato dagli ebrei chassidici, in occasione delle feste e di Shabbat. Chiamato anche shtreimel, si tratta di un termine yiddish che deriva dal polacco stroj, ovvero abito di lusso, costoso.
Shubitze: un caldo mantello o spolverino, indossato in inverno, spesso sopra il bekeshe. Il termine yiddish deriva dal polacco zupica, una sorta di cappottone contadino.
Spodek: detto anche spodik. Si tratta di un altro cappello di pelliccia, indossato dagli ebrei chassidici, nei giorni feriali. Ancora una volta ci troviamo di fronte a un termine yiddish che deriva dal polacco “saucer”. La differenza con lo shtreimel – per quanto simili – consiste nel fatto che quest’ultimi sono più larghi, bassi di altezza e a forma di disco. Anche la pelliccia utilizzata è diversa.
Tichel: è un foulard utilizzato da donne di estrazione chassidica o strettamente ortodosse.